Foto del Cremlino di Mosca, con cielo grigio, e in primo piano alcuni rami con foglie dai colori autunnali ad oscurarne parzialmente la vista.

Demografia russa e conflitto ucraino: le prospettive della popolazione di un paese in declino

  1. PREMESSA

Nello scenario internazionale il tema inerente alla demografia riscuote sempre più interesse, ed in alcuni casi preoccupazioni, anche in ambiti di intelligence e sicurezza nazionale, in quanto una corretta analisi delle dinamiche inerenti agli incrementi o decrementi della popolazione incidono in modo significativo, se non determinante, sugli equilibri a carattere generale degli Stati. L’analisi demografica è fondamentale anche in termini geopolitici perché i fenomeni legati al dato numerico di una data popolazione condizionano intrinsecamente l’esistenza stessa di uno Stato, soprattutto se questo ha rilevanza considerevole nello scacchiere internazionale.

Le dinamiche demografiche di una data popolazione sono la conseguenza di tantissimi comportamenti che partono dal singolo individuo fino alle scelte politiche dei vari Stati, e pertanto, a sua volta, la trasformazione demografica delle caratteristiche di una popolazione è frutto di tutte le interazioni che intervengono lungo tutta la sua struttura socioeconomica e politica di una nazione.

In relazione a quanto sopra affermato si evince che, lo studio demografico non opera semplicemente in termini analitici, ma anche sotto il profilo delle indagini tra le varie relazioni delle caratteristiche strutturali del campione della popolazione in esame.  L’indagine demografica, analizzando la struttura di una data popolazione possiede particolare importanza in quanto osserva non solo aspetti prettamente inerenti i flussi quantitativi degli elementi in esame, ma pone in relazione dinamiche naturali e sociali, fornendo eventualmente al decisore politico, oppure al suo avversario, quelle informazioni che possano consentire di modificare tendenze nefaste per una data popolazione, come quella italiana, e come si vedrà tra poco quella russa, in merito al fenomeno generalmente definito “inverno demografico”, appare quindi evidente l’importanza primaria rivestita da tale ambito di studio.

Molto sinteticamente, la demografia è riferibile a quella disciplina che ha per oggetto di studio le dinamiche afferenti alle popolazioni umane, tra cui la composizione numerica ed il suo sviluppo in termini di modificazione sotto il profilo quantitativo.

L’osservazione e lo studio dei trend demografici consente anche la formulazione di scenari, questi ultimi utili soprattutto in una fase di conflitto militare, perché in ottica di medio/lungo termine, la dinamica demografica è senza dubbio in grado di alterare dinamiche fondamentali, tra cui anche la tenuta degli equilibri finanziari, pensionistici, lavorativi ed anche militari. Tutto ciò avviene in quanto le variazioni quantitative della popolazione di uno Stato causano una trasformazione strutturale di elementi numerici fondamentali di un sistema/paese, come ad esempio la popolazione residente, la fertilità, il rapporto di composizione per classi di età e così via. Ad esempio, la riduzione del tasso di natalità comporta la diminuzione nel medio termine della classe di età futura in grado di procreare e di lavorare, riducendo quindi la prospettiva futura di mantenimento della popolazione residente e delle entrate fiscali, nonché del potenziale numerico di un esercito, oppure, il decesso di molti uomini/militari potrebbe squilibrare oltre modo il rapporto uomini/donne.

La domanda principale a cui vuol rispondere la presente analisi è la seguente: in un contesto di sostanziale di declino demografico della Russia, che impatto avrà il conflitto con l’Ucraina?

Preliminarmente si dovrà affermare che le dinamiche demografiche hanno un decorso abbastanza lento, quindi un’argomentazione sul futuro della popolazione della Russia potrebbe fornire importanti indicazioni su come, e forse quando, le modificazioni demografiche del popolo russo avranno impatti significativi sulle politiche governative russe, perché se i dati in possesso mostreranno che il connubio stagnazione demografica e conflitto ucraino porteranno la Russia verso un inverno demografico, già nel medio termine si assisteranno a sofferenze abbastanza rilevanti del sistema paese russo.

  1. STRUTTURA E DINAMICA DEMOGRAFICA RUSSA.

La struttura demografica è la distribuzione, all’interno della popolazione, delle varie modalità di una data variabile, come ad esempio, il numero della popolazione, il sesso, l’età, lo stato civile.

Le componenti delle strutture demografiche sono importanti in quanto rivestono caratteristiche in grado di influenzare in modo significativo lo sviluppo demografico di una data popolazione, infatti, la comprensione di queste è in grado di fornire informazioni sulla regolarità, oppure eventuale anomalia, del campione in osservazione, consentendo di “fotografare” una data situazione in un dato momento, e con questa, verificare l’andamento nel tempo delle variabili, permettendo inoltre di ipotizzare eventuali trend futuri.

La Russia è lo Stato che ha la più grande estensione superficiale del pianeta, ma tale estensione territoriale non è accompagnata in termini numerici dalla numerosità della popolazione, infatti, notiamo come essa si colloca solamente al nono posto tra i paesi più popolosi, e rispetto a Cina ed India essa ha poco più di un decimo della popolazione di queste due, e poco più del 40% degli U.S.A. Interessante sarà esaminare la classifica dei primi dieci Stati per popolazione (dati ONU al 2020) ed una piccola comparazione di alcune caratteristiche tra tali Stati.

Si osservi come in termini di variazione netta nel biennio 2019/2020 la Russia è l’ultimo paese per variazione positiva in termini numerici nel campione osservato (il Giappone è in decremento demografico), infatti notiamo che vi è stato un modesto incremento dello 0,04% che rappresenta di fatto una stagnazione. Sarà l’ultimo modesto aumento, poi la discesa.  Quest’ultima porta verso una modificazione delle classi di età come vedremo successivamente.

In termini di fertilità femminile (TFT – tasso di fecondità totale) tra gli anni 2019/2020 la Russia ha avuto un valore di 1,8 il quale è sotto il tasso di sostituzione*. Il valore non è troppo difforme rispetto agli altri Stati inclusi nel campione (in Italia è 1,2), escludendo gli outlier, come la Nigeria ed il Pakistan che sono in piena espansione demografica.

(*) Indica numero medio di figli per donna che rappresenta il cosiddetto ‟livello di sostituzione” di 2,1 affinché una popolazione si mantenga in equilibrio. Se questo è sotto, ed il saldo migratorio netto è negativo la popolazione sarà in diminuzione.

L’età media della popolazione russa è abbastanza elevata all’interno del campione (seconda solamente al Giappone, con un valore medio di 40 anni di età, derivante dalla scarsa natalità, a cui bisogna aggiungere la relativa bassa aspettativa di vita media. Il connubio tasso di sostituzione sotto la soglia di 2,1 ed un generale valore basso in termini di migrazione netta positiva nel breve termine porterà ad una profonda trasformazione della struttura demografica russa. Al 2021 (dati Onu) la Russia riportava una popolazione di circa 143,44 milioni di persone, con una diminuzione al 2022 (indicato 2023 come previsione 2022 dalla CIA) di circa 141,69 milioni di persone. I valori esposti mostrano come dopo l’implosione dell’URSS, la popolazione residente in Russia a partire dagli inizi degli anni 90 è tendenzialmente diminuita, escludendo il quinquennio tra il 2011 ed il 2016 con un modesto rialzo.

I dati ONU mostrati sono parzialmente difformi rispetto a quelli diffusi dal servizio di statistica federale russo, ed a tal riguardo si osservi anche lo scarto riportato nella tabella a fianco.

Dal 1991 fino al 2021 lo scarto è stato abbastanza contenuto rispetto alle rilevazioni ONU, ma dopo il 2016 si arrivati a valori abbastanza sensibili, considerato che al 2022 (dati del 1/1/2023) vi sono differenze di quasi 5 milioni di residenti.

Il dato inerente alla popolazione della Crimea (quasi due milioni di persone) potrebbe spiegare la divergenza dei dati fino al 2021, ma non quello del 2021.

Secondo l’OCSE nella Federazione Russa la speranza media di vita alla nascita è di 73 anni, otto anni in meno rispetto alla media di 81 anni dei paesi facenti parte dell’organizzazione. La speranza di vita è di 78 anni per le donne, a fronte di 68 anni per gli uomini. Dal 1960 al 2005 il tasso di mortalità in Russia ha avuto un costante incremento tendenziale, dal 2005 al 2015 si è ridotto, ma purtroppo dal 2015 ad ora l’andamento ha assunto nuovamente valori in ascesa.

Tali dati sono da osservare congiuntamente al tasso di natalità (tramite il grafico successivo), infatti si noterà come le nascite in Russia dal 1960 hanno avuto una tendenza negativa fino al 2000, anno in cui la tendenza si è lievemente invertita fino al 2015, riprendendo in quell’anno nuovamente un trend negativo che perdura fino ad ora.

Si noti nel grafico come nel 1992 vi è stato l’incrocio dei valori nati/morti, rappresentando di fatto, al netto del saldo migratorio, l’inizio della tendenza negativa relativa al decremento della popolazione russa. L’inclinazione del rapporto nati/morti parzialmente si era invertito nel 2005, ma nuovamente a partire dal 2015 sono morte più persone rispetto ai nati.

Questi dati ancora non incorporano gli effetti della guerra con l’Ucraina, perché essa ha con sé un pericoloso mix di emigrazione e decessi maschili in età fertile.

Una bomba demografica innescata, perché tutto ciò rappresenta il preludio di una crisi con evidenti criticità per molte generazioni. Si noti come i dati al 2020 includono il fattore pandemico che ha chiaramente contribuito ad aumentare il tasso di mortalità, e specularmente, a diminuire il tasso di natalità a causa dell’incertezza sociale generalizzata che ha limitato le prospettive genitoriali su scala globale.

Il grafico di cui sopra rappresenta una parte del flusso (nati e morti) che andrà a formare il totale della popolazione (con immigrazione e migrazione), e quest’ultima, in termini di aggregato sarà definita con P, mentre le variazioni saranno date dal flusso composto dalle nascite N, al quale si sommano i flussi dati dall’immigrazione I; successivamente si andrà a decurtare alla somma precedente i decessi M ed il flusso emigratorio E, il tutto in qualunque intervallo di tempo t. Qui si avrà la variazione di una popolazione ΔP in n determinato intervallo di tempo t tutto riassunto nella formula che sarà la base per l’analisi demografica inerente allo stock totale della popolazione ΔP = N + I – M – E.

Altro aspetto da osservare per definire una delle più importanti variabili in merito alla struttura demografica di una popolazione è quella inerente all’età. Essa viene spesso rappresentata in ambito demografico graficamente tramite la piramide delle età, perché assume quasi la forma di un triangolo isoscele con la cima orientata in alto (una piramide perfetta in questo momento la riporta l’India), sempre che i dati non forniscano anomalie, come ad esempio una popolazione molto anziana e prevalente rispetto alle altre, e con una bassissima natalità (una piramide rovesciata).

Riassumendo il contenuto delle varie forme che può presentare la piramide delle età si potrebbe riferire che, qualora il flusso dei nati si mostri costante oppure in aumento, la parte inferiore della piramide avrà ampiezza abbastanza larga. Qualora il flusso delle nascite sarà declinante, la piramide mostrerà una riduzione della base unita a un ingrossamento sopra di essa (al centro) che, come detto precedentemente, causerà man mano uno spostamento in termini relativi dell’età verso quelle più anziane.

Di seguito si potrà osservare come in Russia su base decennale dal 1962 al 2022, vi è stata una modificazione della piramide, e infatti, si osservi come la base del 1972 era abbastanza ampia, mentre quella del 2022 si è andata a ridurre, in quanto in termini percentuali sul totale della popolazione i bambini in rapporto alle altre classi di età si stanno riducendo. Scorrendo nel tempo, e salendo visivamente sulla la piramide si nota come le fasce di popolazione più anziana vanno ad allargarsi, soprattutto quelle femminili a destra ed in alto delle piramidi.

Questo mutamento di forma deriva dalla diminuzione della natalità unità ad un graduale aumento dell’età media che, come abbiamo osservato, è più significativa per le donne. In totale la fascia 0/19 anni al 1972 rappresentava il 34,5% dell’intera popolazione russa, mentre al 2022 abbiamo un 20%. Tale riduzione netta del rapporto denota come la popolazione russa mediamente sta invecchiando (ma non in termini di aspettativa di vita media, meno rispetto ai paesi con media OCSE), e questo già nel medio termine potrebbe rappresentare indice di squilibri, rammentando che ancora non è stato analizzato in termini demografici il fattore del conflitto ucraino (decessi dei militari e l’esodo causato dalla mobilitazione degli uomini arruolabili, 300.000 nel 2022 e 130.000 nell’autunno 2023).

La bassa natalità porta verso un ulteriore aspetto, cioè quello inerente alla “trappola demografica”, dove si avrà che, la bassa natalità del passato produrrà nel futuro un conseguente decremento della base numerica dei futuri genitori, limitando conseguentemente al ribasso anche quelli futuri. Una profezia che si autoavvera.

Dopo aver analizzato i flussi nascite/morti e l’aspetto inerente all’età della popolazione russa si passerà all’osservazione della parte inerente ai flussi migratori, che completeranno il quadro inerente al trend demografico del paese euroasiatico. I dati in possesso ottenuti dal Servizio Statistico Federale Russo mostrano come (forse caso unico) le variazioni dei flussi migratori in entrata ed in uscita hanno movimenti molto simili, quasi a binario. Si noti che comunque non è mai divenuto negativo il saldo (fino al 2021 e quindi pre-conflitto ucraino), che non ha mai superato il milione di persone (877 mila nel 1994).

Una precisazione in merito ad una comparazione con i dati forniti dalla Banca Mondiale (dal 1990): essi sono molto simili a quelli forniti dal Servizio Statistico russo, ma questo non toglie come sembri ricondurre ad una anomalia, perché appare artefatto (figura a fianco). Dal 1990 il saldo è lineare.

La Russia è uno Stato con una forte compente multietnica, fatto dovuto anche alla dissoluzione dell’URSS di fatto composta da molti Stati. Essa ha quasi 200 gruppi etnici sparsi che condizionano la composizione della società russa. Si noti come il censimento condotto nel 2021 ha mostrato che poco meno del 72% della popolazione apparteneva all’etnia russa, ed in termini percentuali la maggior parte dell’etnia non russa proviene dagli stati post-sovietici.

Si è osservato come in Russia vi sia stata una diminuzione del trend delle nascite e del tasso di fecondità femminile, che unita ad un tendenziale aumento dell’età media (soprattutto femminile) porterà all’invecchiamento della popolazione russa, benché ancora non vi siano valori assoluti molto alti. Tali dati però portano a dedurre che la Russia, con un saldo netto negativo tra nati vivi e morti, e con un saldo positivo abbastanza basso in riferimento alla migrazione netta (al 2021), sarà destinata a spopolarsi nel medio/lungo periodo ed a diventare abbastanza anziana come evidenziato dalla dinamica della piramide dell’età. A tutto ciò si dovrà aggiungere come, e tra poco verrà argomentato, che il conflitto con l’Ucraina porterà verso una consistente accelerazione delle dinamiche demografiche osservate in negativo.

Il calo demografico interno, se non sostenuto da un saldo migratorio netto positivo porterà a numerose problematiche, tra cui quelle in ambito occupazionale almeno nel medio termine, rappresentando che le aree urbane russe sono quelle che hanno la maggiore concentrazione della popolazione, e quindi le ampie zone rurali sono, e saranno, sostanzialmente disabitate. La generale diminuzione di persone in termini numerici in età lavorativa comporterà anche problemi nell’ambito del reperimento delle risorse occupazionali, in quanto se non vi sarà un generalizzato aumento della tecnologia impiegata in settori come l’agricoltura (la Russia è uno dei principali esportatori di grano), si potrebbe avere una sofferenza in tali termini.

Una diminuzione dei soggetti impiegati (quindi fiscalmente attivi) causerà una diminuzione delle entrate erariali, e da qui, il modello di welfare russo attualmente in vigore potrebbe avere ripercussioni negative. Le spese impiegate per la sanità e per le pensioni chiaramente non avranno una contropartita nei flussi fiscali in entrata garantite dai soggetti occupati, rendendo di fatto insostenibile il sistema. Sotto il profilo sanitario si noti che, aumentando sempre più l’età media della popolazione, aumenterà l’accesso della classe anziana al sistema sanitario, ed ovviamente si espanderà anche il carico dell’assistenza pensionistica. Quest’ultimo fattore potrà essere mitigato solamente allungando l’età pensionabile dei lavoratori aumentando tensioni sociali.

La dinamica demografica russa subirà inevitabilmente una trasformazione a causa del conflitto iniziato il 24 febbraio del 2022 per più fattori, tra cui il ruolo non indifferente dei decessi da guerra e l’aumento delle emigrazioni della popolazione in età arruolabile. Fino ad ora l’analisi è stata compiuta con dati riferiti a fonti statistiche ufficiali, ma tutto quanto riguarda i “numeri” del conflitto ucraino ancora è avvolto da una nebbia abbastanza densa, perché chiaramente allo stato attuale di ufficiale vi è ben poco.

Alcune “stime” occidentali affermano che nel primo anno di conflitto hanno perso la vita, o sono stati feriti, circa 175.000-200.000 soldati russi. La fonte (con un grado di affidabilità tutta da verificare) di tale notizia è il Ministro della Difesa U.K. Ben Wallace, il quale dopo il briefing sull’intelligence del 10/02/2023, ha affermato che le forze armate russe e gli appaltatori militari privati che combattono al loro fianco come forze paramilitari hanno perso da 40.000 a 60.000 soldati dall’inizio dell’anno e hanno subito fino ad ora 200.000 vittime, dato che include truppe uccise o ferite in azione.

Secondo un altro articolo viene riferito che nel “tritacarne” di Bakhmut, si parla di circa 800 tra morti e feriti quotidiani, da giugno i mercenari della milizia privata Wagner avrebbero subito oltre 30.000 morti, in massima parte prigionieri comuni reclutati dalle carceri russe in cambio del condono della pena. Appare evidente che tali numeri sono da prendere “con le pinze”, ma se fossero reali darebbero molti motivi di preoccupazione ai decisori politici russi, perché in un solo mese di conflitto a Bakhmut perderebbero la vita quasi 25.000 persone. Solo a Bakhmut. Sono numeri orribili, spaventosi, che oltre al dramma di una guerra, porterà con sé risvolti anche nel medio/lungo termine sotto il profilo demografico in un grande paese in declino. La recente battaglia di Avdiivka, secondo il blogger filo putiniano Andriy Morozov (suicida), ha causato la morte di ben 16.000 militari russi.

Ma il conflitto ucraino ha un altro aspetto da cui non si può e non si potrà prescindere anche sotto il profilo demografico: il richiamo alle armi. Il Cremlino nel settembre 2022 ha deciso una mobilitazione di circa 300.000 persone, di cui 100.000 da impiegare, e probabilmente già impiegate, nel 2023 130.000. Le notizie che arrivano dal fronte ucraino hanno causato in primis un’ondata di proteste in molte città russe in merito alla mobilitazione, seguita dalla fuga di molti, anche perché le informazioni circolanti fanno presagire che molte delle truppe reclutate si disporranno nella prima linea del fronte con un addestramento minimo. La mobilitazione ha innescato una fuga dei soggetti con le caratteristiche idonee al richiamo (fino a 35 anni per soldati e sottoufficiali, e 45 anni per gli ufficiali), tantoché appare che gli emigrati illegalmente centinaia di migliaia. Queste stime vanno da 400.000 al milione (ovviamente sono numeri ipotetici). Così il saldo migratorio netto diverrà inesorabilmente negativo. Sono numeri che uniti ai morti spingono verso un quadro critico, perché dalla struttura demografica russa stanno sparendo le persone abili al lavoro, oltre che i maschi in grado di far figli, ovvero, la generazione che dovrebbe andare a sostenere il futuro demografico russo. Siamo in presenza di un circolo vizioso. Non solo, una quota rilevante della forza lavoro impiegabile in ambito civile sparisce a favore di uomini impiegabili in battaglia, oppure nella complessa economia di guerra messa in piedi dal sistema russo a sostegno del conflitto. Nel breve potrebbe garantire occupazione per la parte non impiegata in battaglia, ma al termine, prima o poi finirà il conflitto, si creerà un boom di persone non occupate con evidenti ricadute sociali.

Potenzialmente nell’ultimo anno la Russia ha perso almeno due milioni di persone in più rispetto a quanto avrebbe fatto normalmente, ricordando che il trend era già negativo. Il conflitto ucraino andrà inoltre a causare un ulteriore squilibrio demografico, ossia il rapporto maschi/femmine, il quale era già evidente prima dell’invasione militare (o operazione speciale che si voglia). 86 maschi per 100 femmine. Secondo i dati forniti dall’Onu vengono al mondo 105,8 maschi ogni 100 femmine. Un dato nettamente anomalo rispetto alla media mondiale.

Il tasso di fecondità totale femminile in Russia nel 2020, e quindi prima del conflitto ucraino, era di 1,8 mentre durante l’invasione nazista nel 1944 era 1,7. Abbiamo valori sovrapponibili ad uno dei periodi più bui della storia del genere umano e dell’URSS, e quindi della Russia. Ma il dato è ancora più scoraggiante, perché si pensi che dal 1930 al 1945, il tasso di natalità grezzo dell’Unione Sovietica passava da 43,4 a 18,2 nati per 1000 persone a seguito della Seconda guerra mondiale.

Al 2022 si è registrato un valore drammatico di 9.54 (birth rate) nascite per 1000 persone (la metà del 1945). Nemmeno durante la Seconda guerra mondiale si sono raggiunti tali abissi di denatalità, che uniti al rapporto di mortalità del 2022 (death rate) del 16.3 per 1000 abitanti conferma le prospettive molto negative in ambito demografico.

Per 9,54 nati ne muoiono circa 16.3, e questo dato non riesce ad inquadrare i numeri reali derivanti dal conflitto. La diminuzione dei valori dei nati vivi nel medio termine causerà chiaramente anche un effetto importantissimo in merito alle dinamiche belliche future: la carenza di soggetti potenzialmente utili all’organizzazione dei ranghi militari.

Ora si andrà ad analizzare i dati e la dinamica demografica tra gli anni 2021 (pre-conflitto) e 2023.

Il primo dato da osservare è la differenza in termini di popolazione totale tra il 2023 ed il 2021: è scesa di 658.397 persone, cioè circa lo 0,5%. In termini assoluti è ben poca cosa, ma premettendo che i dati in tempi di guerra sono abbastanza grossolani, se non determinatamente falsi, si può sempre abbozzare dei ragionamenti.

La tabella successiva mostra che il dato di riduzione demografico più significativo è quello relativo alla fascia di età 80/84 anni, importante sia per gli uomini che per le donne, portandosi ad una media per entrambi i sessi di circa il 23%. Tale decremento dovrebbe essere riferibile ai decessi causati dal Covid. Per quanto concerne la fascia di età impiegabile per il conflitto, soprattutto uomini compresi in età tra i 20 ed i 49 anni, si nota che la diminuzione è significativa con percentuali vicine al 10 per le classi di età 20/34 anni, con valori simili per entrambi i sessi. Questo margine sembra quasi non contemplare i decessi di soldati di cui si discute insistentemente in ambienti militari e politici ed il fenomeno migratorio (i dati hanno come fonte il Servizio Statistico Russo).

Subito dopo l’esplosione del conflitto governi, apparati di intelligence, ONG, nonché ricercatori OSINT hanno prodotto numerose stime relative alle perdite fisiche subite dai contendenti, che comprendono morti, feriti e perdite in termini di equipaggiamento. Tali perdite riferite sono oscurate dai rispettivi governi in guerra, e spesso quando vengono forniti numeri, si confutano a vicenda. Potrebbe essere ragionevole affermare che entrambe le parti in conflitto sovrastimino le perdite di truppe subite dal loro rivale, e che le stesse sottovalutino deliberatamente le proprie perdite.

Ad esempio, i numeri riportati parallelamente in termini di perdite cumulative subite dichiarate da dalle due parti variano notevolmente. Il 21 settembre 2022, il ministro della Difesa russo Shoigu ha comunicato che 5.937 soldati russi sono stati uccisi nel conflitto ucraino. Tuttavia, durante la medesima settimana, il Ministero della Difesa ucraino ha esposto che 55.110 soldati russi erano stati uccisi.

Rientra nel gioco delle parti procedere alla distorsione favorevole delle proprie perdite da una parte, e della sovrastima dell’altra, ma spesso nella guerra dei numeri “qualcosa” si può ottenere per migliorare le lacune/distorsioni delle segnalazioni, sia che queste siano ufficiali, sia che siano ufficiose. Misurare la quantità di vittime di un conflitto militare, anche nell’alveo più generale in termini demografici, è importante sia per caratterizzare il conflitto stesso, che per prevedere l’evoluzione nel medio/lungo termine del post conflitto stesso. Non solo, i decessi sono talora usati come “indicatore” della gravità di un conflitto o della sua escalation, nonché come elementi fondamentali per la pianificazione, e non ultimo, della gestione dell’opinione pubblica, aspetto che assume importanti connotazioni di sostegno in termini politici.

Tale aspetto porta con sé due aspetti che i decisori devono prendere in considerazione. Il primo è relativo alla comprensione stessa delle perdite in termini numerici derivanti dalla battaglia. Il secondo porta alla difficile gestione, in molti casi, della comprensione delle morti da parte dei cittadini. Impossibile non ricordare l’importanza dell’opinione pubblica nei conflitti portati avanti dagli USA in battaglie come quelle del Vietnam e dell’Afghanistan, battaglie in cui ha giocato n ruolo importante la percezione del numero di vittime tra atteso ed effettivo. La similitudine con il caso russo è precaria, in quanto nel paese ex sovietico è difficile discutere liberamente di un tema simile alla luce delle sanzioni che differiscono dallo status quo imposto dal governo.

Tornando al conflitto in Ucraina, è certamente necessario tenere conto delle distorsioni indotte dalle fonti di provenienza specifiche quando si stimano le perdite militari. Queste si potrebbero misurare in due modi: il primo calcolando i valori tramite rapporti ufficiali e non ufficiali, il secondo con calcoli demografici post-bellici.

Un interessante approccio, il PRIO Battledeaths Dataset messo a punto da Benjamin J. Radford, Yaoyao Dai, Niklas Stoehr, and Hanif Sajid su PNAS, combina fonti OSINT russe (247), fonti britanniche (32), fonti ucraine (3.858), Nazioni Unite (78), fonti statunitensi (71) e altre fonti (154), in termini di decessi e feriti uniti alle riferite perdite di mezzi (probabili indicatori di correlazione di perdite umane).

Si noti nella figura successiva come vi è una stima numerica in relazione al tipo, con un intervallo di confidenza al 95% (l’intervallo di confidenza, in genere denotato con 1 – α è la probabilità che il valore vero del parametro della popolazione cada nell’intervallo). I valori nell’intervallo sono il minimo ed il massimo degli intervalli rinvenuti nelle fonti acquisite, e si presuppone che sia veritiero al 95%

I dati riportati sono relativi al 23 febbraio 2023, e quindi, la stima dei decessi russi con un solo anno di conflitto è stimabile, con i dati osservati, su circa 77.000 militari.

  1. CONCLUSIONI

Appare utile rammentare come la demografia sia argomento di intelligence e sicurezza nazionale, perché tramite essa si osservano le prospettive future di uno Stato, e infatti, anche la CIA nel 2009 ha desecretato un memorandum di intelligence dal titolo “Soviet Concern over Falling Birth Rate”, il quale già nel 1968 mostrava come vi era in atto un chiaro problema demografico.

Ora nel 2023 con un conflitto ancora tutto da decifrare, con perdite importantissime soprattutto tra le file militari russe, migrazioni di massa di persone che nella struttura demografica di una popolazione sono fondamentali, la questione demografica è quanto mai attuale, perché in gioco c’è il futuro della nazione più grande del mondo per estensione, oltre che chiaramente centrale per le dinamiche geopolitiche globali.  Vien da sé che, nel medio/lungo termine la questione demografica russa potrebbe condurre verso esiti anche di difficile soluzione. Cosa potrebbe significare ciò per il futuro della Russia?

Gli impatti dei cambiamenti demografici sono lenti sotto il profilo temporale, e spesso è compito arduo porre rimedio, soprattutto in un paese dove vi è una riduzione dell’aspettativa di vita media degli uomini in crollo, infatti si è scesi da 68,8 nel 2019 a 64,2 anni già nel 2021, anche a causa della pandemia, senza trascurare il problema diffuso legato all’alcol. In Russia ora i maschi muoiono ben sei anni prima rispetto agli omologhi in Bangladesh. Ma non solo, la Russia registra uno dei tassi più elevati di aborto al mondo, con 53,7 procedure ogni 1.000 donne, rispetto ai soli 5,4 in Italia.

Il dramma non finisce qui, perché in Russia, il tasso di suicidi è quattro volte più alto rispetto all’Italia, con 25 casi ogni 100.000 persone, mentre in Italia si registra una media di sei casi. Il tasso di omicidi è di 7,33 ogni 100.000 abitanti in Russia, mentre in Italia si avvicina allo zero. Il consumo di vodka e sostanze psicotrope è diffuso nel paese di Putin, come evidenziato dal numero di persone trattate per tossicodipendenza, che è 3,4 volte superiore rispetto alla media europea. Mentre in Europa lo 0,3% della popolazione vive con l’AIDS-HIV, in Russia questa percentuale sale all’1,2%.

La dinamica demografica in Russia ha caratteristiche particolari, perché ha quasi una mortalità riscontrata nei paesi del terzo mondo, ma una natalità tipica dei paesi occidentali.

La Russia ha un tipo di istruzione evoluta, ma vi è in atto un esodo verso l’estero di giovani istruiti, spostando un vantaggio a favore di paesi terzi in merito al bagaglio culturale trasferito. Sta svanendo una intera generazione abile al lavoro, e nel prossimo futuro la Russia potrà andare in sofferenza anche sotto tale profilo.

Il connubio crisi demografica e conflitto ucraino sta riconsegnando alla storia la Russia come un paese che viaggia spedito verso un grave inverno demografico, meno istruito, più povero a causa degli effetti del conflitto e delle sanzioni, spaccato a causa delle scelte politico/militari. La scelta di iniziare “l’operazione speciale militare” sta portando molti popoli verso una catastrofe umana di difficile soluzione nel breve termine. Un tema da osservare con attenzione da parte di tutti perché le implicazioni potrebbero essere molteplici.

L’impatto derivante dalle perdite registrate nel conflitto ucraino, unito al calo demografico strutturale registrato già da molti anni, può rappresentare una seria incognita per il futuro della popolazione russa. Questo aspetto è da osservare con attenzione in termini di intelligence e sicurezza nazionale a causa della ritrovata cortina di “acciaio” che sta nuovamente innalzandosi tra sistema occidentale e russo.

Si vuol chiudere con qualche piccolo dato sulla popolazione ucraina senza scendere nel dettaglio delle dinamiche demografiche di questa nazione. Fino al 1997 la popolazione è stata stabilmente intorno ai 50.000.000 di residenti (fonte ONU). Dal 1997 fino al 2021 si ha un declino in termini numerici di quasi il 9%. Il conflitto russo/ucraino ha però portato ad una drammatica riduzione dei già precari numeri già in soli due anni. Al 2023 si è assistito, in rapporto al 2021, ad una riduzione di circa 6,8 milioni di persone presenti nel territorio ucraino pari a quasi il 16% della popolazione residente. Si osservi anche la visibile riduzione nella piramide delle età per la classe di età 20/24 anni. Molti maschi non sono più presenti nel campione, ma molte più femmine in termini percentuali sono sparite (presumibilmente emigrate). La classe femminile in età anziana è aumentata. L’ucraina nel prossimo futuro, oltre al problema della ricostruzione e di una si spera veloce ritrovata serenità, dovrà fare i conti con la drastica riduzione di intere classi di età. Un dramma nel dramma.


Articolo di Giovanni Gambino | Senior Researcher at Centro Studi Europeo | WG on Geopolitical, Strategic, Economic and Intelligence Analysis