Foto della testa di una persona non identificata, coperta dal naso in giù con una maschera di tessuto con disegnato un teschio, e con un paio di occhiali scuri che riflettono del codice sorgente di colore verde da uno schermo fuori visuale.

Disinformazione e sicurezza nazionale

Nel 2024 un ruolo particolare in termini di attenzione avrà la disinformazione.

Un tema che già nel recente passato ha avuto la giusta attenzione, ma che ora, rischia di assumere sempre più un ruolo fondamentale sotto più profili, tra cui la sicurezza nazionale.

La “digitalizzazione” delle masse è un tipo di arma potente, formidabile nell’arsenale di coloro in grado di dirigere l’attenzione, in quanto con è possibile in primis omogeneizzare la società globalizzata, e successivamente, creare gusti e consenso.

Come dissero Chomsky e Herman in “La fabbrica del consenso”, la manipolazione delle masse svolge un ruolo estremamente importante nel mantenimento del potere da parte del “piccolo numero”. In questo scenario gioca un ruolo fondamentale la disinformazione, ed in parte anche la misinformazione[1].

La misinformazione e la disinformazione sono due espressioni utilizzate spesso in maniera sostituibile.

Nondimeno, anche se ambedue costituiscono una certa minaccia per la società, non indicano la stessa cosa. La misinformazione è un’informazione deliberatamente fuorviante, imprecisa o completamente falsa che viene divulgata senza il preciso scopo di ingannare. Tuttavia, da determinate persone potrebbe essere presa come un’informazione affidabile e reale.

La disinformazione è una notizia falsa divulgata con il chiaro proposito di fuorviare le persone. L’aspetto principale del tema riguarda il fatto che il soggetto che divulga la “notizia” è consapevole del fatto che essa è falsa, avendo il chiaro intento di ingannare il suo pubblico per scopi ben precisi.

Ad esempio, nel 2018 alcuni mezzi di comunicazione rumeni riportavano che il 90% dei media rumeni era di proprietà israeliana. Il fatto è stato diffuso da un’agenzia di stampa rumena. La ragione della divulgazione probabilmente era in indirizzata verso la provocazione di sentimenti di antisemitismo e xenofobia.

Nel medesimo anno, nel 2018, emerse il famoso scandalo che vide coinvolta la società di analisi dati britannica Cambridge Analytica impegnata nella consulenza strategica in ambito politico, che mostrò al mondo come la profilazione e l’acquisizione dei dati possano influire su diverse dinamiche sociali, tra cui le consultazioni elettorali e le propensioni degli individui su determinate tematiche.

Sempre in quel periodo altro scandalo basato sul tema della disinformazione è stato quello del “Russia Gate”. Il caso politico, mediatico e giudiziario era basato su una serie di polemiche, indagini e accuse relativi a supposti legami tra la Russia e il candidato presidenziale Donald Trump e la sua campagna elettorale del 2016. Uno dei principali capitoli di indagine riguardava presunti tentativi della Russia di influenzare le elezioni americane tramite operazioni di disinformazione.

Sotto il profilo giudiziario il Russia Gate ha condotto alla produzione di una documentazione (rapporto Mueller) del Ministero della giustizia americana che ha esaminato l’influenza straniera nelle elezioni americane del 2016, identificando due differenti profili di rapporto tra l’IRA (Internet Research Agency – azienda russa riconducibile al defunto Evgenij Prigožin della Wagner) e i componenti della campagna Trump.


[1] La misinformazione e la disinformazione sono due termini che vengono spesso usati in modo intercambiabile. Tuttavia, anche se entrambi i termini rappresentano un certo pericolo per la società, non significano la stessa cosa.

Il rapporto di Mueller illustra come il governo russo abbia interferito nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2016 e identifica le persone coinvolte in tali attività illecite. La Russia ha adottato due approcci distinti per influenzare il processo elettorale. In primo luogo, ha utilizzato l’Internet Research Agency (IRA), comunemente noto come “fabbrica dei troll”, per diffondere informazioni false sui social media e sui giornali al fine di seminare discordia sociale e interferire nel processo elettorale. In secondo luogo, ha orchestrato attacchi informatici contro il Partito Democratico e il comitato Clinton, diffondendo i documenti rubati attraverso Wikileaks.

Il grado di importanza che le operazioni di disinformazione possono avere è notevole e con risvolti difficili da delimitare, specialmente se le informazioni false raggiungono nodi importanti del network sociale, e queste, a loro volta le condividono. In questo contesto giocano un ruolo fondamentale l’ingegneria sociale ed i social bot.

L’ingegneria sociale è una tecnica di manipolazione delle persone le quali, tramite essa, vengono indotte a condividere notizie che non dovrebbero condividere, facendo leva sulle emozioni, sul disagio, sulla tensione e sulla fiducia che le informazioni ricevute siano vere. Giacché l’ingegneria sociale sfrutta la manipolazione psicologica delle persone anziché le vulnerabilità tecniche dei sistemi informatici, questa viene alle volte definita come “hacking umano”.

I social bot sono dei software in grado di simulare utenti umani sulle piattaforme social, e questi, lo fanno così bene che diventa arduo riconoscerli. Tramite i social bot è possibile aumentare a dismisura la diffusione delle fake news oltre che l’interazione stessa con tali notizie. Nei fatti coloro che utilizzano tali tecniche sono in grado di favorire una parte piuttosto che un’altra.

Qualora l’azione disinformativa venga è condotta da un’organizzazione, o per meglio dire un attore estero, in relazione a campagne elettorali di un determinato Stato, allo scopo di influire (più o meno) sul risultato elettorale senza ombra di dubbio ciò rientra nell’ambito della sicurezza nazionale, poiché esiste un rischio tangibile di manipolazione della competizione democratica delle elezioni, e ciò potrebbe minare profondamente i processi democratici che si basano sul principio dell’autodeterminazione delle scelte politiche degli elettori. All’orizzonte si potrebbe delineare una sottile, ma in determinati casi determinante, perdita di sovranità.

In tempi di guerra a pezzi, la Russia è verosimilmente l’attore principale di influenza occulta nonché fornitore di disinformazione nel “blocco” occidentale. Il 2024 sarà anno importante in termini elettorali, sono alle porte le elezioni europee e statunitensi. Queste due competizioni potrebbero ridisegnare importanti equilibri per il mondo intero, ma soprattutto per la Russia stessa.

Non sembra troppo nascosto l’obiettivo di Mosca volto ad aumentare la sua posizione inerente all’influenza globale indebolendo l’America e l’Unione Europea attraverso il ruolo ora importantissimo della disinformazione, riuscendo non di rado a distrarre e plasmare il sentimento pubblico, nonché minare la fiducia nelle istituzioni dell’occidente e nei processi democratici.

Altro aspetto è quello legato alla disinformazione in ambito aziendale. Potrebbe essere una tecnica subdola e potenzialmente dirompente diffondere fake news in ottica di distruzione della reputazione aziendale. Questo potrebbe aprire scenari anche in una più ampia battaglia sia tra aziende stesse, sia anche tra attori statali volti al controllo di filiere strategiche.

Prevedere lo sviluppo degli eventi è sempre una sfida, ma per aumentare le nostre possibilità di farlo in modo realistico, è essenziale avere una visione chiara del presente. Questo significa individuare e selezionare le informazioni rilevanti che ci aiutano a comprendere il contesto attuale. È fondamentale formulare scenari e gestire il cambiamento da parte dei governi legittimamente costituiti, altrimenti potremmo trovarci di fronte a un futuro distopico imminente. La diffusione delle informazioni è costantemente contaminata da fake news e, ora, anche dai deep fake, che rappresentano un’evoluzione naturale del concetto di falsità nell’ambito dell’informazione digitale. La ricerca della verità è diventata un compito arduo, soprattutto in un mondo in cui l’eccesso di informazioni è diventato la norma piuttosto che l’eccezione.


Articolo di Giovanni Gambino | Senior Researcher | Centro Studi Europeo | WG on Geopolitical, Strategic, Economic and Intelligence Analysis